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Farmacologia: Antitumorali 3

ANTRACICLINE E ANTRACENEDIONI
Le antracicline sono farmaci antitumorali che inibiscono la topoisomerasi 2. La doxorubicina (DOX) e la daunorubicina (DNR) sono antibiotici ad azione antitumorale, isolati per la prima volta nel 1960dallo Streptomices peucetius, sono stati le prime molecole di questa classe di farmaci ad essere state scoperte.
Gli antibiotici antraciclinici hanno una struttura ad anelli tetra ciclici legati a uno zucchero, la daunosamina. Tutti i composti della classe presentano gruppi chinonici e idrochinonici sugli anelli adiacenti che consentono la perdita e l’acquisizione di elettroni.
Il meccanismo d’azione della Topoisomerasi II è veramente degno di nota. L’enzima prende due segmenti di DNA non contigui, rompe la doppia elica di uno di essi e trascina l’altro segmento nella breccia creata dal taglio; dopodichè l’enzima salda il taglio. L’enzima, quindi, può incatenare o disgiungere due molecole di DNA chiuse. Per svolgere il suo complicato lavoro, l’enzima utilizza energia dell’ ATP.
Le antraci cline e gli antracenedioni formano un complesso a 3 con topoisomerasi II e DNA, inibendo la ricongiunzione dei frammenti di DNA e portando all’apoptosi. Difetti nella riparazione della rottura della doppia catena sensibilizzano le cellule all’effetto tossico di questi farmaci, mentre la sovraespressione di fattori di riparazione del DNA connessi alla trascrizione può contribuire alla resistenza.
I mediatori dell’apoptosi sono la proteina p53, il sensore di danno al DNA e le caspasi attivate.
Farmacocinetica: Doxorubicina, Daunorubicina, Epirubicina e Idarubicina sono di solito somministrate per via endovenosa e vengono eliminate mediante un complesso sistema di metabolismo epatico e si escrezione biliare. La Doxo e La Dauno hanno emivita di eliminazione di 30 ore, con curve plasmatiche di scomparsa multifasiche. Entrambi sono metabolizzati per conversione metabolica, da cui si originano prodotti inattivi.
 Si osserva una captazione rapida dei farmaci nel cuore, nei reni, nei polmoni, nel fegato, e nella milza. Non attraversano la barriera emato-encefalica.
Vengono eliminati attraverso la bile.

Doxorubicina
 La doxorubicina è conosciuta anche con il nome di adriamicina. La doxorubicina è impiegata, spesso in associazione con altri agenti antitumorali, nel trattamento di linfomi maligni. E’ un componente importante di numerosi schemi di terapia del carcinoma metastatico della mammella. E’ anche particolarmente efficace in un gran numero di sarcomi pediatrici e degli adulti.
Tossicologia: Gli effetti collaterali più importanti sono la mielodepressione e la cardiotossicità. La cardiotossicità  può compromettere l’efficacia clinica della chemioterapia, influenzando la sopravvivenza e la qualità di vita dei pazienti indipendentemente dalla prognosi oncologica. Dopo sole 4 ore dal primo contatto con il farmaco è possibile riscontrare nel cardiomiocita perdita di miofibrille, dilatazione del reticolo sarcoplasmatico, vacuolizzazione citoplasmatica, riduzione dei mitocondri. Queste disfunzioni sono causate da:
-          aumento di specie reattive all’ossigeno ROS con un conseguente, e dannoso, stress ossidativo della cellula. I ROS infatti possono causare danni al DNA e perossidazione lipidica (anche delle membrane,quindi) e L’anello chinonico del farmaco, in presenza di NADP(H), và incontro ad un processo di riduzione con acquisizione di un elettrone e conseguente formazione del derivato semichinonico. Questi, a sua volta in presenza di O2, si ossida dando origine all’anione superossido (O2-) ed al perossido di idrogeno (H2O2).
-          Legame con la topoisomerasi II, sia la Top2a che la Top2b. Il primo tipo è sovraprodotto nelle cellule cancerose ma del tutto assente in quelle normali, e il Top2b virtualmente assente nelle cellule tumorali ma presente in quelle non patologiche. Il farmaco si lega a Top2b dei cardiomiociti, e lo inibisce. Questo comporta 'aumento delle specie reattive dell'ossigeno (Ros), disfunzione e morte cellulare e diminuzione della sintesi mitocondriale.
Si verificano alterazioni del tracciato elettrocardiografico, aritmie e insufficienza cardiaca congestizia  che può manifestarsi anche parecchio tempo dopo l'ultima somministrazione di doxorubicina.
                          


FARMACI CHE DANNEGGIANO I MICROTUBULI
Sono farmaci che rendono la struttura dei microtubuli disorganizza, destabilizzando il fuso mitotico e interferendo quindi con la mitosi. Comprendono gli alcaloidi della vinca e i taxani. I primi sono efficaci nel trattamento dei tumori maligni ematologici, del cancro alla mammella, del carcinoma polmonare; i secondi sono fondamentali nel trattamento del cancro dell’ovaio, della mammella, della testa, del collo e del polmone.

v  Alcaloidi della Vinca
Sono delle molecole estratte dalla pianta Catharantus Roseus ad azione ciclo-specifica, bloccano le cellule durante la fase mitotica. Legano specificamente la β-tubulina, impedendo la sua capacità di polimerizzare con l’α-tubulina nei microtubuli. I microtubuli si dissolvono e la divisione cellulare si arresta. I cromosomi si possono o diperdere nei citoplasma o associarsi in raggruppamenti anomali a forma di palla o stella. Le cellule bolccate in mitosi vanno incontro alle alterazioni tipiche dell’apoptosi. Oltre al loro ruolo chiave nella formazione dei fusi mitotici, i microtubuli sono presenti in alte concentrazioni nel cervello e sono essenziali per altre funzioni cellulari quale il movimento, la fabogitosi e il trasporto assonale. Gli effetti collaterali degli alcaloidi della vinca, come la loro neurotossicità possono derivare dal deterioramento di tali funzioni.
Vincristina, Vinblastina e Vinorelbina vengono metabolizzati dai citocromi epatici e i metaboliti vengono escreti nella bile. Solo una piccola frazione del farmaco si ritrova immodificata nelle urine. Hanno farmacocinetica simile con emivite di eliminazione di 20 ore (vincristina), 23 ore (vinblastina) e 24 ore (vinorelbina).
Vinblastina
E’ importante nella terapia dei tumori testicolari metastatici, del linfoma di Hodgking, nel neuroblastoma e nel carcinoma della mammella.
Viene somministrata per via endovenosa negli arti che non presentano disturbi circolatori.
Gli effetti avversi che si verificano in seguito alla terapia sono: mielosoppressione (che si abbassa nei 7 giorni successivi alla fine del trattamento), disturbi GI, perdita di capelli e dermatite.


v  Taxani
Fanno parte di questa classe il Paclitaxel (primo composto estratto dalla corteccia del frassino), Docetaxel (di natura sintetica) e il Cabazitaxel . Si legano alla β-tubulina, come gli alcaloidi, ma si differenziano in quanto si legano a un sito diverso e promuovono, invece che inibire, la formazione dei microtubuli.
Possiedono un ruolo principale nel cancro dell’ovaio, della mammella, del polmone, dell’apparato GI, della testa e del collo.

Paclitaxel
Si lega alla β-tubulina  dei microtubuli e ne antagonizza l’equilibro polimerizzazione/depolarizzazione con la comparsa di microtubuli nella fase mitotica del ciclo cellulare. A questo fa seguito il blocco in mitosi.
Farmacocinetica: viene somministrato mediante un’infusione di 135/175 mg ogni 3 settimane, o un’infusione settimanale. Viene metabolizzato dagli enzimi del CYP epatici (soprattutto CYP2C8 e CYP3A4) e meno del 10% della dose somministrata viene eliminata con le urine come farmaco non modificato. La clearance non è lineare e si riduce all’aumentare della dose o della frequenza di somministrazione. Ha un’emivita di 10-14 ore.       

Tossicologia: Il paclitaxel esercita i suoi principali effetti collaterali sul midollo osseo. Dopo una singola dose, nell’arco di 8-11 giorni si manifesta neutropenia, che è rapidamente reversibile dopo 15-21 giorni.  Altri effetti collaterali comprendono mialgia e neuropatia sensitiva “a calza e guanto”.

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