TERAPIA ORMONALE
La crescita di alcuni tumori al seno o alla
prostata è stimolata da ormoni come gli estrogeni o gli androgeni. Tra le cure anti-cancro, la terapia
ormonale è volta a contrastare l'azione degli ormoni, impedendone la produzione o
l'azione
proliferativa che avrebbe sul tumore.
ANTIESTROGENI
Gli estrogeni mediano i loro effetti attraverso i
recettori ERs. I recettori sono di due tipi ERα e ERβ, che hanno diversa
distribuzione tissutale, anche se molte cellule esprimono entrambi. ERs, come classe, sono funzionalmente dei
fattori di trascrizione la cui attività è regolata allostericamente dal legame
con il ligando.
Circa
i 2/3 dei tumori della mammella esprimono concentrazioni di ERs più alte rispetto
a quelle presenti nel tessuto mammario normale; in particolare si pensa che nel
tumore alla mammella ERα sia la forma principalmente responsabile della
regolazione nella crescita tumorale. Alcuni elementi nel promotore sono
responsabili per l’aumentata espressione di ERα nel tessuto neoplastico.
Ecco
i meccanismi messi in atto dal recettore per aumentare o diminuire la
trascrizione di geni bersaglio:
Gli approcci antiestrogenici per la terapia del cancro alla
mammella includono modulatori selettivi del recettore degli estrogeni
(SERM), dei soppressori selettivi del recettore degli estrogeni e degli
inibitori dell’aromatasi.
SERM
L’acronimo SERM
significa “selective estrogen receptor modulators”, ovvero sono modulatori
selettivi dei recettori degli estrogeni. La caratteristica che li distingue
dagli agonisti ed antagonisti puri dei recettori, è il fatto che, a seconda dei
vari tessuti dove agiscono, esplicano una differente attività, garantendo la
possibilità di fungere da agonista su alcune funzioni o tessuti, e da
antagonista su altri. Il capostipite della classe dei SERM è il Tamoxifene,
farmaco più ampiamente studiato nel cancro della mammella. Si pensa che il
recente declino della mortalità per cancro alla mammella nei paesi occidentali
sia in parte dovuto al diffuso utilizzo di questo farmaco.
Il Tamoxifene è un inibitore competitivo del
legame dell’estradiolo ai recettori degli estrogeni. occupando il posto
riservato agli ormoni senza però agire come loro. Il farmaco impedisce così
agli estrogeni di comunicare con le cellule tumorali, interrompendo lo stimolo
che apportano alla proliferazione delle cellule. In tal modo riduce il rischio
che la malattia torni dopo l'intervento e l'eventuale radio e/o chemioterapia e
abbassa del 40 per cento la probabilità che si sviluppi un nuovo tumore
nell'altro seno.
Dati recenti hanno dimostrato che l'effetto protettivo di questa cura si protrae a lungo.
Dati recenti hanno dimostrato che l'effetto protettivo di questa cura si protrae a lungo.
Il farmaco va preso regolarmente per bocca, una
volta al giorno. Viene rapidamente assorbito dopo somministrazione orale, con
concentrazioni di picco misurabili dopo 3-7 ore. Il metabolismo avviene
principalmente a carico del CYP2D6 e CYP3A4,
Il tamoxifene è usato nelle donne prima della
menopausa o in quelle che l'hanno già superata ma che, per varie ragioni, non
possono prendere gli inibitori delle aromatasi.
La condizione per l'uso di questo prodotto è comunque sempre la presenza sulla superficie delle cellule tumorali dei recettori ormonali, non necessariamente quelli per gli estrogeni ma anche quelli per il progesterone. Il tamoxifene è in genere ben tollerato, anche se raramente può determinare l’insorgenza di complicanze tromboemboliche; il rischio principale, che rende necessario un attento monitoraggio nel tempo della paziente in trattamento, è rappresentato dal possibile sviluppo nel tempo di una neoplasia endometriale. Altri effetti collaterali sono la possibilità di determinare nausea,l’ innalzamento della pressione arteriosa e vampate di calore, aumentato rischio trombotico e mielodepressione.
La condizione per l'uso di questo prodotto è comunque sempre la presenza sulla superficie delle cellule tumorali dei recettori ormonali, non necessariamente quelli per gli estrogeni ma anche quelli per il progesterone. Il tamoxifene è in genere ben tollerato, anche se raramente può determinare l’insorgenza di complicanze tromboemboliche; il rischio principale, che rende necessario un attento monitoraggio nel tempo della paziente in trattamento, è rappresentato dal possibile sviluppo nel tempo di una neoplasia endometriale. Altri effetti collaterali sono la possibilità di determinare nausea,l’ innalzamento della pressione arteriosa e vampate di calore, aumentato rischio trombotico e mielodepressione.
Il Raloxifene è
un altro farmaco che rientra in questa categoria. Questo si usa per il trattamento e la prevenzione dell'osteoporosi (malattia che rende fragili le ossa) nelle donne
dopo la menopausa. È stato dimostrato che riduce significativamente le fratture
vertebrali (della spina dorsale), ma non quelle femorali (dell'anca).
INIBITORI DELL’AROMATASI
Gli inibitori delle aromatasi bloccano
l'azione dell'enzima aromatasi indispensabile per la sintesi degli estrogeni a
partire dagli ormoni sessuali maschili (androgeni), i quali vengono prodotti
dalla corteccia surrenale anche nelle donne. L’aromatasi è responsabile della
conversione dell’androstenedione e del testosterone in estrogeni. Questi
farmaci sono considerati i farmaci standard per il trattamento di pazienti con
cancro mammario positivo per il recettore ormonale.
Gli inibitori dell'aromatasi sono
classificati in inibitori di tipo 1 (o inattivatori
enzimatici steroidei: sono steroidi analoghi dell'androstenedione, che si
legano irreversibilmente al medesimo sito della molecola dell'aromatasi a cui
si lega l’androstenedione) ed in inibitori
di tipo 2 (
o inibitori enzimatici non steroidei: sono sostanze a struttura non steroidea,
che si legano irreversibilmente al gruppo eme dell'enzima aromatasi).
L’anastrazolo è un potente inibitore dell’aromatasi. Fa parte
degli inibitori dell’aromatasi di terza generazione (sviluppati negli anni 90).
L’anastrozolo si usa per il trattamento del carcinoma
mammario nelle donne che hanno superato la menopausa in particolare nei
casi in stadio avanzato o recidivante, ma anche in quelli in stadio iniziale.
Si può usare anche per il trattamento del carcinoma dell’ovaio recidivante.
L’anastrozolo si somministra per bocca. Le
compresse si assumono una volta al giorno, possibilmente sempre alla stessa
ora. Viene metabolizzato dal CYP19.
Gli effetti avversi che possono verificarsi in seguito al
trattamento con l’anastrazolo sono:
-
Sanguinamento vaginale
-
Perdite vaginali
-
Vampate
-
Trombo embolia
-
Trombosi venosa profonda
-
Embolia polmonare
-
Perdita ossea, come tutti i farmaci che causano
una perdita ossea
SOPPRESSORI
SELETTIVI DEI RECETTORI DEGLI ESTROGENI (SERD)
I “selective estrogen receptor down-regulation” differiscono dai
SERM poichè sono degli antagonisti, e non dei modulatori. Si comportano da
antagonisti in tessuti ben precisi.
Il Clomifene è approvato per il trattamento dell’infertilità in
donne anovulatorie, mentre il Furvestrant è utilizzato per il trattamento del
cancro alla mammella in donne in cui la malattia è progredita dopo il
trattamento con tamoxifene.
TERAPIA
DUPLICE
Sono stati portati avanti studi su una possibile terapia
tamoxifene+anastrazolo, ma i risultati non hanno portato ai risultati sperati.
L’efficacia del trattamento risulta minore rispetto al trattamento solo con
anastrazolo, nonostante questo possieda una maggiore tossicità.
ANTIANDROGENI
Gli androgeni secreti sia nell’uomo che nella donna, ma
predominano nell’uomo dove svolgono numerose funzioni. L’androgeno maggiormente
secreto è il testosterone.
Il testosterone e gli altri androgeni svolgono le loro funzioni
attraverso il legame al recettore NR3A (recettore degli androgeni) e in base al
tessuto in cui è presente il recettore svolgono diverse azioni che si
realizzano nelle diverse età della vita.
Il recettore NR3A si trova nel citoplasma, e quando viene attivato
dal ligando, dimerizza e trasloca nel nucleo dove attiva diversi fattori di
trascrizione e recluta coattivatori o corepressori formando un complesso (anche
il recettore per gli estrogeni attiva coattivatori e corepressori).
Questi cofattori di trascrizione sono tessuto specifici sono il
motivo per cui gli androgeni effettuano azioni diverse in tessuti diversi.
Il
testosterone prodotto dai testicoli maschili stimola la crescita del tumore
della prostata. La terapia ormonale cerca di contrastare questa azione
rallentando o bloccando la sintesi di questo ormone (deprivazione androgenica).
La
maggior parte delle cellule tumorali risponde a questa privazione, tuttavia
alcune proliferano indipendentemente dalla stimolazione ormonale e non
rispondono alla cura. La quantità di queste cellule resistenti può aumentare
con il passare del tempo rendendo la malattia "ormono-refrattaria".
Il
trattamento ormonale è comunque un'arma preziosa per ridurre il rischio che la
malattia in fase iniziale si ripresenti dopo il trattamento e per ridurre i
sintomi di quella avanzata rallentando o fermando la crescita delle cellule.
La terapia ormonale si aggiunge all'intervento chirurgico e
alla radioterapia per evitare che la malattia si ripresenti. In alcuni casi, per esempio quando la
malattia è troppo estesa o diffusa per essere trattata efficacemente con
l'intervento chirurgico o la radioterapia, i medici possono decidere di optare
per la sola terapia ormonale.
Con diversi tipi di farmaci che riducono i livelli di
testosterone nel sangue:Agonisti dell’LHRH, Antagonisti dell’LHRH,
Antiandrogeni, Inibitori della 5α-riduttasi e l’Abiraterone.
AGONISTI DELL’LHRH
I cosiddetti agonisti dell'LHRH (ormone di rilascio
dell’ormone luteinizzante) agiscono più a monte degli altri farmaci ormonali,
ovvero a livello dell’iposo. Inizialmente stimolano la produzione dell'ormone
luteinizzante (LH), con cui l'ipofisi stimola l'attività dei testicoli, ne
aumentano la funzione, aumentando così la produzione di ormoni (da parte delle
cellule di Ledign).
Dopo circa una settimana di trattamento, i recettori dell’LRH
vanno incontro a down-regulation e diminuisce la risposta a livello ipofisario.
L diminuzione dell’LH sierico porta a una riduzione della produzione di
testosterone fino a livelli di castrazione nell’arco di 3-4 settimane
dall’inizio del trattamento.
Durante il temporaneo aumento dell’LH, l’aumento del
testosterone che ne consegue può indurre un’acuta stimolazione della crescita
tumorale prostatica e una riacutizzazione dei sintomi legati alle metastasi.
Esempi di farmaci sono la Goserelina e la Leuprolide
ANTAGONISTI DELL’LHRH
Gli antagonisti dell’LHRH sono stati sviluppati per sopprimere
il testosterone evitando il fenomeno della riacutizzazione osserveto con gli
agonisti. Oltre a ciò la terapia non offre altri evidenti vantaggi rispetto a
quella con gli agonisti.
Un farmaco approvato negli USA è il Degarelix.
ANTIANDORGENI
Gli antiandrogeni non diminuiscono i livelli di produzione
degli ormoni, bensì inibiscono il legame tra androgeni e recettori attraverso
legame competitivo con il recettore.
Gli uomini trattati in ionoterapia con questi farmaci
mantengono un certo grado di potenza sessuale e libido, non presentano lo
spettro di effetti collaterali osservato con la castrazione.
Attualmente questi farmaci in ionoterapia non sono il
trattamento di prima linea nei pazienti con cancro prostatico avanzato. Sono
più usati nella pratica clinica come terapia ormonale secondaria.
Un esempio di questi farmaci è la Flutamide a cui si
associano i seguenti effetti collaterali: nausea, diarrea ed epatotossicità.
INIBITORI
5Α-RIDUTTASI
La
5α-riduttasi è un enzima appartenente alla classe delle ossidoredutasi in grado
di convertire il testosterone nel diidrotestosterone. Esiste in due
isoforme: I e II.
Gli
inibitori di tale enzima, causano un’innalzamento dei livelli di testosterone
anche se i medici confermano che
l'aumento della concentrazione non
è da ritenersi preoccupante.
Un esempio è il Dutasteride, questo
inibisce entrambe le isoforme dell’enzima. E’ molto efficace nel ridurre i
livelli di diidrotestosterone, che
si riducono di circa il 90%, rispetto alla media, entro le prime 2 settimane
del trattamento.
Anche se per beneficiare a pieno dei risultati del trattamento devono passare dei mesi, l'efficacia del dutasteride fa sì che vi sia una riduzione notevole del volume della prostata già dopo il primo mese di trattamento; il calo del volume prostatico continuerà fino a due anni dall'inizio della terapia farmacologia.
Anche se per beneficiare a pieno dei risultati del trattamento devono passare dei mesi, l'efficacia del dutasteride fa sì che vi sia una riduzione notevole del volume della prostata già dopo il primo mese di trattamento; il calo del volume prostatico continuerà fino a due anni dall'inizio della terapia farmacologia.
INIBITORI DELLA STEROIDOGENESI
Sono dei farmaci che inibiscono le sintesi
“alternative” di androgeni, senza il coinvolgimento dell’ipofisi. Fonti di
androgeni comprendono le ghiandole surrenali, i testicoli e le stesse cellule
del tumore prostatico.
L’Abiraterone è un farmaco utilizzato nel cancro alla prostata resistente
alla castrazione o cancro alla prostata ormone-refrattario. E’ un
farmaco orale con meccanismo d'azione basato sulla inibizione degli enzimi responsabili
della produzione degli androgeni, causa della progressione tumorale in
questa fase di malattia.
L'effetto antitumorale di abiraterone
si esplica mediante il blocco dell'attività di 2 enzimi:
l’enzima 17α-idrossilasi che converte il
progesterone in 17α-progesterone, e l’enzima CYP17 (o C-17,20-liasi) che è
responsabile della reazione da 17α-progesterone a androstenedione (precursore
del testosterone).
L'inibizione della produzione di
testosterone avviene in tutti i siti di produzione: testicoli, surrene e
il tumore stesso.
E’ biodisponibile per via orale ed è risultato
ben tollerato, anche se dopo somministrazione prolungata l’abiraterone aumenta
i livelli di ACTH (ormone adrenocorticotropo) causando eccesso di aldosterone,
glucocorticoidi e androgeni. Sono in corso studi clinici volti a valutare
l’efficacia e la durata della terapia in pazienti con cancro alla prostata.
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