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Farmacologia: Cardiomiopatie ischemiche 3

TERAPIA DELL'ANGINA STABILE
Nell’angina stabile il vaso si occlude piano, lentamente e la placca calcifica. Il 90% della terapia è farmacologica (si cerca di rimandare il più possibile l’intervento). I farmaci utilizzati sono:
-                    Aspirina in assenza di controindicazioni
-                    β-bloccanti in assenza di controindicazioni

-                    ACE-inibitori nei pazienti affetti da diabete e/o disfunzione ventricolare sinistra
-                    Calcio antagonisti * o nitrati a lunga azione quando i β-bloccanti sono controindicati
-                    Calcio antagonisti * o nitrati a lunga azione in combinazione con β-bloccanti quando il trattamento iniziale con β-bloccanti non mostra efficacia clinica
-                    Nitroglicerina sublinguale o nitroglicerina spray per il sollievo immediato dell’angina. I nitrati possono esercitare i loro effetti benefici dilatando le arterie coronarie e riducendo contemporaneamente la domanda di ossigeno del miocardio. La somministrazione intracoronarica, endovenosa o sublinguale di nitrato aumenta costantemente il calibro delle grandi arterie coronarie epicardiche. Tuttavia, i nitrati somministrati sono in grado di diminuire il grado di flusso sanguigno coronarico e il consumo di ossigeno del miocardio. La riduzione del consumo di ossigeno è il meccanismo principale per il sollievo di angina da sforzo.
-                    Terapia ipolipemizzante (statine) (* Gli antagonisti diidropiridinici a breve durata d'azione dovrebbero essere evitati)
-                     Ranolazina
La ranolazina è un farmaco antianginoso che agisce attraverso l’inibizione di un canale responsabile della corrente tardiva del sodio nelle cellule caridache; la diminuzione del Na+ nelle cellule riduce l’attività dello scambiatore Na+/Ca++, con una conseguente diminuzione della concentrazione di Ca++ nelle cellule e una diminuzione della contrattilità dei miociti (effetto rilassante). L'aumento del sodio nella cellula, infatti, provocherebbe il suo scambio con il Ca2+ (che entrerebbe) grazie allo scambiatore.
La ranolazina è anche un inibitore parziale della via di ossidazione degli acidi grassi nelle cellule miocardiche. Poiché il metabolismo si sposta verso l'ossidazione degli acidi grassi nel miocardio ischemico, aumenta la richiesta di ossigeno per unità di ATP prodotto. La parziale inibizione dell'enzima necessario per ossidazione degli acidi grassi (LC-3KAT) sembra migliorare lo stato metabolico del tessuto ischemico.


Farmacocinetica: Dopo la somministrazione orale, la ranolazina è ben assorbita dal tratto gastrointestinale. Il picco di concentrazione plasmatica si osserva a distanza di 2–6 ore dalla assunzione. Il legame con le proteine plasmatiche è di circa il 62%, con una affinità più elevata per la α-1 glicoproteina acida piuttosto che per l'albumina. L'assunzione di cibo non sembra influenzare né la velocità né l’entità dell’assorbimento del farmaco. La biodisponibilità assoluta media si aggira tra il 35 ed il 50%, ma deve essere sottolineata un’ampia variabilità interindividuale. Ranolazina viene ampiamente metabolizzata dall'organismo. Infatti meno del 5% della dose assunta viene escreta immodificata con le urine o le feci.
Tossicità: Gli effetti collaterali della ranolazina sono principalmente: prolungamento dell’intervallo QT, vertigini, nausea, stitichezza, astenia (diminuzione della forza muscolare).
-                    Ivabradina
L'Ivibradina è un farmaco bradicardizzante. I farmaci cosiddetti bradicardizzanti, relativamente selettivi e bloccanti per il canale del sodio, riducono il lavoro cardiaco inibendo i canali del sodio attivati dall’iperpolarizzazione nel nodo senoatriale. Non sono stati riportati altri significativi effetti emodinamici; l’ivabradina sembra ridurre gli attacchi anginosi con un’efficacia simile a quella dei canali bloccanti del calcio.

L’ivabradina è utilizzata nel trattamento della cardiopatia ischemica e nella insufficienza cardiaca. Lo studio BEAUTIFUL ha evidenziato l'efficacia del farmaco riportando i seguenti risultati: riduzione degli episodi anginosi, aumento del tempo di comparsa del dolore, ovvero comparsa del sintomo per sforzi maggiori rispetto al basale e aumento della soglia di angina. L'associazione con i beta-bloccanti viene raccomandata anche in quei pazienti che non raggiungono la frequenza raccomandata di 60 batt/min. È stato recentemente pubblicato un ulteriore studio, l'ADDITIONS, che conferma la sicurezza e l'efficacia dell'utilizzo congiunto dei due farmaci.

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